
Sistema Sanitario…
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“Il vincolo economico ha prevalso sulle necessità sanitarie, scaricando sulle Regioni e sulle aziende sanitarie l’onere di coniugare bisogni e risorse insufficienti; il riparto fra le Regioni si basa su criteri in larga parte fermi al 2011, senza considerare l’evoluzione demografica e tecnologica: il risultato del riparto regionale è quindi poco equo; basti dire che il sistema di perequazione redistribuisce solo il 40% delle risorse necessarie per colmare le differenze di spesa privata tra le Regioni”. È quanto scrivono in una nota CREA Sanità, Federsanità-ANCI e Salutequità, che hanno fatto il punto sul finanziamento del Servizio sanitario nazionale, condizione “essenziale” per garantire l’accesso alle prestazioni e quindi per realizzare le finalità equitative dell’intervento pubblico. Dallo studio è emerso che a livello regionale c’è scarsa trasparenza sui criteri di allocazione e di accertamento delle risorse ripartibili localmente: ad esempio, solo poche Regioni esplicitamente considerano i saldi di mobilità, come anche le risorse provenienti dai Fondi per i farmaci innovativi, nel processo di determinazione delle risorse regionali”. Analogamente, solo “poche Regioni esplicitano i propri criteri di riparto fra le aziende e, quelle che lo fanno, si discostano sensibilmente dalle indicazioni nazionali, sia in termini di vincoli di destinazione, quanto di criteri di allocazione. Il riparto regionale appare sempre più disordinato e basato su mediazioni politiche piuttosto che su criteri oggettivi”. Il finanziamento per l’assistenza distrettuale varia tra le regioni sia in termini di percentuali assegnate sia di criteri di riparto. “Alcune regioni, come Emilia-Romagna e Valle d’Aosta- fa sapere CREA- hanno percentuali leggermente inferiori rispetto alla media nazionale (pari al 50,5%); mentre altre, come Campania e Puglia, mantengono la media nazionale del 51%. I criteri di riparto includono suddivisioni dettagliate in sub-livelli come medicina generale, assistenza farmaceutica, specialistica ambulatoriale, salute mentale, dipendenze patologiche, assistenza domiciliare e altre funzioni di assistenza distrettuale. Regioni come Piemonte, Emilia-Romagna e Campania adottano criteri molto dettagliati per la suddivisione delle risorse, influenzando il finanziamento per l’assistenza distrettuale”. Per quanto riguarda il finanziamento indistinto alcune Regioni hanno visto incrementato, nel periodo 2019-2022, il finanziamento, come le Provincie Autonome di Trento e Bolzano, Emilia-Romagna e Veneto; le Regioni con i minori incrementi sono state: Calabria, Molise, Sicilia e Basilicata. “Le Quote premiali si discostano completamente da quelle utilizzate per il finanziamento indistinto; queste vengono distribuite in base ad accordi pattuiti in sede di CSR, indipendentemente da criteri premiali. Nel Periodo 2019-2021, oltre il 60% dell’accantonamento viene distribuito tra la Regione Liguria e la Campania”, conclude CREA. Si osserva, quindi, come l’universalismo formale del Servizio sanitario lasci spazio a una sanità in cui l’accesso dipende dalla disponibilità di risorse economiche. Intanto, le strutture del Servizio sanitario stentano a star dietro alla domanda di prestazioni dei cittadini, con conseguente allungamento delle liste di attesa, affollamenti di strutture e servizi e la trasformazione del lavoro dei medici e di tutto il personale sanitario in un’attività ad elevata pressione, con accelerata usura psico-fisica e alto rischio di burn-out. Il Servizio sanitario diventa un contesto dalle condizioni di lavoro sempre più difficili con assenza di adeguate gratificazioni economiche: ecco l’origine della decrescente attrattività del lavoro dipendente nella sanità italiana e della sua sempre più evidente difficoltà a trattenere medici e infermieri. L’inadeguata spesa sanitaria pubblica alimenta un disinvestimento sostanziale nel personale permanente del Servizio sanitario, con buchi evidenti negli organici, proprio mentre si assiste al decollo della domanda sanitaria.
Nel Servizio sanitario sono andati emergendo gli esiti molto negativi di una governance troppo a lungo piegata su obiettivi economicisti che, progressivamente, hanno scalzato il primato della salute che, invece, era costitutivo della fase fondativa del Servizio sanitario.
Si rende necessario un cambio di paradigma nel Servizio Sanitario: occorrerebbe mettere un freno all’aziendalizzazione e ritornare al primato della Salute per i cittadini. Infatti, l’urgenza di garantire la sostenibilità economica del Servizio Sanitario andrebbe sostituita con l’esigenza opposta di restituzione della centralità della tutela della salute nel sistema rispetto ad ogni altra possibile priorità, individuando tutte le risorse necessarie per farvi fronte mediante risorse pubbliche da mobilitare, sia come investimenti sia a sostegno della spesa corrente.